La Collezione

La figura artistica di Boris Christoff  oltre a poggiare sul rigore filologico e professionale che gli era noto, si compenetrava della poliedricità dell’uomo, che fu appassionato bibliofilo, cultore d’arte attento e curioso e grande collezionista di libri antichi, dipinti e argenti. 

Della leggendaria collezione che Boris riunì nel corso della sua vita, la Fondazione Christoff conserva questi due splendidi dipinti, dei quali ha recentemente commissionato un’importante operazione di restauro conservativo per riportarli alla loro antica bellezza.

Cantore

Pietro Paolini (Lucca, 1603-1681)

Non è noto quando il dipinto sia entrato a far parte della Collezione Christoff, né quale sia stata l’origine dell’attribuzione a Pietro Paolini. Il Cantore è stato esposto al pubblico per la prima volta in occasione della mostra “Roma al tempo di Caravaggio, 1600-1630”, allestita al Museo Nazionale di Palazzo Venezia a Roma tra il novembre 2011 e il febbraio 2012. L’opera fu presentata allora come un inedito, non essendo stata precedentemente inserita nel corpus del pittore lucchese. Recenti studi hanno evidenziato le sue analogie con il dipinto Il giovane violinista, attualmente conservato nel Chazen Museum of Art, University of Wisconsin, storicamente attribuito ad Angelo Caroselli ma ora riconosciuto anch’esso come un’opera di  Pietro Paolini. 

Il restauro del dipinto effettuato nei mesi scorsi ha restituito luce e morbidezza ai colori e alle forme di questo straordinario dipinto che può essere visionato, su richiesta, presso il MUSA, il Museo degli Strumenti Musicali dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, all’Auditorium Parco della Musica in Roma.

Pietà

Lorenzo D’Alessandro, detto il Severinate (San Severino Marche 1455 ca – 1501) 

E’ una dolcissima raffigurazione della Madonna che abbraccia teneramente il Cristo morto; le immagini sono immerse in una luce chiara che mette in risalto la delicatezza dei colori e delle espressioni dei volti su un fondo oro completamente lavorato. Oltre al suo evidente valore artistico intrinseco, il dipinto, essendo datato (1491), è considerato di fondamentale importanza per la comprensione dell’attività e dell’evoluzione del pittore marchigiano, anche alla luce delle enormi perdite che il corpus  delle sue opere ha subito nel corso della storia a causa di terremoti, distruzioni di edifici sacri o palazzi nobiliari, furti e alienazioni.

L’opera è stata assegnata in comodato d’uso alla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, dove si trova in esposizione.